Continuando la rubrica "Aspettando il Comicon" inaugurata con questo post, oggi vi parlo ancora una volta di Paco Roca e del suo "Rughe" edito in Italia da Tunuè.
Paco Roca
Come già spiegato quando ho recensito "Il Gioco Lugubre", Paco Roca non è l'ultimo arrivato. ma si tratta di uno degli autori europei più riconosciuti e con l'opera di cui trattiamo oggi si è guadagnato un botto di premi:
Premio miglior fumetto Diario de Avisos
Miglior opera e miglior sceneggiatura al Salone Internazionale del Fumetto di Barcellona 2008.
Premio Nazionale di Spagna miglior fumetto 2008.
Premio Gran Guinigi Lucca Comics & Games 2008 come miglior opera lunga.
Gran Premio Romics 2009 come Miglior libro a fumetti.
Premio Romics D'oro 2011 come miglior opera.
Premio Goya 2012 come Miglior film di animazione e Miglior adattamento.
Tutta roba che ho copincollato pari pari da Wikipedia perché internet esiste per facilitarci la vita.
Rughe
Quando apri questo fumetto ti trovi davanti una storia che ha vinto tutti quei premi sostanzialmente perché tratta di un tema molto particolare e toccato veramente di rado nella produzione letteraria e fumettistica contemporanea. Mi riferisco al tema dell'Alzheimer. In sostanza esistono un botto di opere, soprattutto cinematografiche, che parlano della condizione dell'anzianità e riescono a raccontarla in maniera tenera, scherzosa o drammatica, a seconda dell'indole del regista/autore. Però tutta questa roba non tratta necessariamente di una malattia che colpisce un sacco di gente e, soprattutto, quando la si tratta non la si mette in modo che l'interlocutore possa capire effettivamente ciò di cui si sta parlando, perché si può solo immaginare la sensazione di perdersi pezzi della propria coscienza, ma è molto difficile arrivare a comprenderne fino in fondo le implicazioni. Paco Roca apre il suo fumetto, invece, piantandoci direttamente nella condizione di incoscienza del malato di Alzheimer: siamo in una banca e un impiegato sta per concedere un mutuo a una giovane coppia. Pochi istanti dopo ci rendiamo conto di essere stati gabbati perché veniamo fiondati nella realtà delle cose: l'impiegato non è un impiegato e non si trova in una banca, ma è un vecchio nella sua casa che viene rimproverato da un figlio (assistito dalla sua compagna) che non è lì per chiedere un mutuo, ma per parlare con suo padre che non ci sta più con la testa.L'incapacità del ragazzo di gestire la situazione, la sua rabbia, la sua frustrazione, lo portano alla scelta di mandare il padre in una casa di riposo. Ed è qui che inizia la storia vera e propria.
Sebbene inizialmente la storia si apra con Emilio (il vecchio di cui vi parlavo), scopriamo man mano una serie di altri personaggi collaterali coinvolti nella vita dell'ospizio. E soprattutto incontriamo quello che, a mio parere, è il vero protagonista della vicenda: Miguel.
Al contrario di buona parte degli altri ospiti, Miguel è lì non perché ce lo hanno messo figli o parenti, ma semplicemente perché figli, amici e parenti non ce li ha. Sano di mente, privo di qualsiasi patologia, è uno scansa fatiche cinico, non un personaggio totalmente positivo, e che ha il brutto vizio di fregare di tanto in tanto i soldi a qualche vecchia sventurata che non ci sta più con la testa.
Miguel è il compagno di stanza di Emilio e tra i due nasce una bella amicizia. Ma Emilio peggiora molto velocemente, ed anche molto velocemente i fatti precipitano, la storia si evolve poco, prendendoti alla sprovvista e dandoti in maniera molto visiva e molto elegante (comprese le pagine bianche che simulano la perdita di coscienza e l'improvviso ritorno di coscienza in una situazione completamente diversa, in maniera spiazzante) il senso dell'ineluttabilità della malattia.
Ho detto che Miguel è il protagonista vero della storia perché è l'unico personaggio che ha un'effettiva evoluzione, sulla quale si basa l'unico colpo di scena di tutta la storia (che non vi dirò perché ve la dovete leggere). Tutti gli altri personaggi, compreso Emilio, non hanno un vero e proprio sviluppo narrativo. O, meglio, Emilio semplicemente diventa più rincoglionito di prima, ma questo peggioramento non è di per sé un colpo di scena, bensì un avanzare di una linea narrativa retta e prevedibile.
Conclusione
Non si può dire che quest'opera non sia bella, prima di tutto perché se non lo fosse stata non avrebbe vinto tutta quella roba, e secondo perché ha il suo fascino e tratta di un tema poetico e difficile in una maniera molto semplice, ma che per i miei gusti resta piuttosto banale.
Per quanto possa essere un'opera che tenti di sensibilizzare il pubblico su questo tema, non mi ha stimolato ad informarmi meglio sulla condizione degli anziani e sull'avanzamento della ricerca in merito alla malattia di cui tratta. Mi ha dato l'impressione di un'opera fine a sé stessa, una specie di banco di prova su cui sperimentare una formula narrativa che, però, risulta vincente.
La genialità dell'opera, in sostanza, sta nel mostrare il mondo al lettore con gli occhi di un malato di Alzheimer, utilizzando la specificità del racconto fumettistico nella maniera migliore, imbrogliando, giocando sporco, mescolando le carte e disseminando informazioni e indizi. La sua bravura non sta tanto nel tema scelto o nello sviluppo della trama, ma sostanzialmente nella sua capacità tecnica di proiettarti nella testa di un malato di Alzheimer, come per farti provare con mano cosa significhino questi stanti di coscienza alterati.
A chi lo consiglio
A tutti quelli che amano il graphic novel d'autore. Che piaccia o non piaccia il genere, non è un autore da ignorare, va tenuto d'occhio e non si può essere appassionati lettori di graphic novel se non si è letto almeno quest'opera di Paco Roca.
A chi non lo consiglio
A chi non ama i graphic novel, a chi non vuole sentire storie di ospizi e anziani, a chi preferisce le storie d'azione e i misteri misteriosi di trame articolate e piene di colpi di scena.