martedì 7 ottobre 2014

Chameleon's Dish - Capitolo I


Questo post non esiste più.

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Buon Compleanno

Oggi è il mio compleanno.
Ho scoperto che su FaceBook ci sono altri due contatti che fanno gli anni il mio stesso giorno.
Li ho cancellati dagli amici.
Non sopporto l'idea che esistano altre persone nate nel mio stesso giorno. Voglio dire... non mi piace per nulla l'idea che esistano persone nate nel mio stesso giorno, individui comuni, banali, senza storie da raccontare e privi di caratteristiche che li rendano degni di nota. Fosse stato, chessò, un Terry Gilliam. Oppure Quentin Tarantino. Oppure qualche vecchia mummia stramorta da commemorare, come un Oscar Wilde a caso... quelli non li avrei mai cancellati da Facebook.
Ho sempre infilato della simbologia nella data del mio compleanno, per darmi quel tono da persona interessante, anche se forse non lo sono affatto. Tipo sei nato il sette settembre. Roba da matti. Settesettembre. Nato il settimo giorno del settimo mese, quando tutti sanno che il sette significa qualcosa di esoterico in non mi ricordo quante culture. Che figata pazzesca. Poi ti stizzisce se un amico a caso ti fa notare che settembre non è più il settimo mese da ormai molte lune, e ti crolla un mondo in testa.
Il numero sette ha un significato particolare, per me. Ogni cosa che mi perseguita ha il numero sette. La prima volta che ho baciato una ragazza era sul pianerottolo di casa sua, all'interno sette di un palazzo in via Settembrini.
In piazza Sette Settembre mi sono lasciato con la mia ragazza del liceo. Era il 14 luglio e stavamo per andare in vacanza tutti e due, e io volevo chiavare con le altre nel villaggio turistico dove dovevo andare con gli amici da poco maggiorenni.
Non è che siano successe cose sempre positive legate a quel numero.
Sette per esempio è il numero delle volte in cui la mia ex mi ha tradito a mia totale insaputa. Settecentosettanta giorni dopo l'ultimo tradimento si è curata di avvisarmi di tutto. Due anni e poche ore dopo, in pratica.
Mi telefona e mi dice che mi deve parlare. Alle nove di mattina di domenica. La domenica non mi sveglio manco per il terremoto, prima delle due del pomeriggio. E quel giorno invece mi sono infilato una maglia verde che poi ho buttato, un jeans sporco di birra e mi sono precipitato da lei, perché glielo sentivo nella voce qualcosa non andava.
Da lei, interno n° 8 di un palazzo signorile di via Scarlatti. La trovo sul letto che piange, e mi apre la porta sua madre, che mi scuote la testa manco fosse in fin di vita. Era come entrare al capezzale della signora delle camelie. Lei, la mia bionda, nel letto, con la faccia della malattia, poca voce, troppe lacrime. Mi guarda e mi dice di sedermi lì, vicino a lei.
Mi dice che sta male, che deve parlarmi, che sta male e deve parlarmi.
Ok, le faccio, va tutto bene, bionda, dimmi. Che è successo? Ma nemmeno fa in tempo a pensare a cosa dirmi che io già ho capito il genere di confessione che mi deve fare.
Settecentosettanta giorni prima ha visto per l'ultima volta l'uomo con cui mi ha tradito. Doveva dirmelo a tutti i costi, perché non voleva che la nostra cazzo di storia d'amore si basasse su menzogne.
Cosa succede nella testa di un uomo quando sente cose del genere? Una valanga. Una frana. All'improvviso non sei andato dalla tua bionda, ma stai nella casa di un'estranea. Quelle lenzuola non ti hanno mai tenuto caldo. Quegli occhi non ti hanno mai visto prima. Quell'odore è l'odore di qualcuno che hai appena conosciuto. Ti diventa insopportabile.
Lei ha cominciato a toccarmi, a stringermi, a piangermi addosso, sul petto, nella barba, sulla giacca di pelle, sul jeans sporco di birra che puzza di ubriaco. Trema, ha paura. Sa che ha rovinato tutto, ma mi dice che alla fine, prima di andare a vivere insieme, c'è bisogno di dirsi tutto.
Sono passati sette mesi, e il nome della persona con cui la mia bionda si è data da fare mi è completamente ignoto.
Oggi è il sette settembre e sono solo a casa. E' mezzanotte e trentuno e io non ho sonno. Mi vibra il telefono perché la gente si ricorda di farmi gli auguri di compleanno, su Facebook.
Ci scommetto che domani mi chiamerà solo mia madre, per farmi gli auguri. E mi chiamerà la mia bionda, che ormai non è più mia, per sapere come va, come me la sto passando, se scrivo ancora fino a tardi la notte, se butto ancora la cenere della sigaretta sulla tastiera. Quando le chiederò ancora una volta chi era quel figlio di puttana che ha avuto quello che era mio di diritto, lei di nuovo mi dirà che non potrà dirmelo e ancora una volta le chiuderò il telefono in faccia.
Buon compleanno, Al.
Siamo a ventisette anni.


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