mercoledì 7 ottobre 2015

Chameleon's Dish - Capitolo XIII

Tu non sai niente Jon Snow

“Tuo padre diceva sempre che avresti dovuto fare lo scrittore”
“Ah si?” rispondo a mamma, con apatia.
“O il regista.”
“Ma davvero?” nel piatto la lasagna mi guarda come se volesse mangiare lei me. Mio fratello si versa altro vino. È rosso in faccia e soffre di pressione alta, dovrebbe smetterla di bere e fumare, ma se ne fotte, e mia madre pure se ne fotte e non gli dice niente. Si premura sempre, però, di mettergli addosso un grembiule rosa per non fargli sporcare la camicia. Con me non l’ha mai fatto, anche se sono quello più piccolo.
“E quando l’avrebbe detta questa cosa?” chiedo, leggermente snervato.
“Sempre!” dice lei.
“Beh, a me non l’ha mai detto.”
“Eh quante cose non sai…”
Mi verso anche io un po’ di vino. Di fronte a me una televisione spenta riflette la vetrina piena di disordine di tazzine antiche che non valgono niente e bicchieri di cristallo spaiati. La porta aperta mi fa vedere l’infinità di stanze una dentro l’altra che portano fino alla mia vecchia camera da letto, lì dove mio padre ha deciso di andare a morire.
“Tu non sai niente, Jon Snow” dice mamma. Mio fratello ride guardandomi.
“Continui a guardare quella merda?”
“Tuo fratello mi ha scaricato i libri sul weysblooc”
“Eh?”
“Sull’ebook” interviene mio fratello.
“Ma come fai a sbagliare tutti i termini?”
“Zitto, Jon Snow”.
Sospiro. Mi fa piacere vedere che mamma si sia ripresa dal lutto.
 “E il violino? Perché non riprendi a studiare? Sai, ho sentito la tua maestra l’altro giorno, mi ha chiesto di te e dice che è un vero peccato che non hai continuato a studiare”.
“E che studio a fare, tanto sono troppo vecchio per fare il concertista…”
“Sì, però non è che devi fare per forza il concertista…”
Sbuffo.
 “E l’università?”
La lasagna proprio non se ne scende. È come se fosse un pezzo di pozzolana difficile da masticare e ingoiare.
“Amore, non sprecare il tuo talento, prenditi questo pezzo di carta così magari parlo con qualche vecchio collega, ti troviamo un posto pure a te. Magari puoi fare domanda nelle scuole…”
“Non voglio fare l’insegnante”.
“E che vuoi fare?”
Lo scrittore. Voglio fare lo scrittore. Non rispondo, tanto lo sa già cosa voglio fare. E lo sa pure lei. Bevo altro vino.
Dopo un pranzo umiliante e troppo grasso, mi metto sul balcone a fumare. Mio fratello mi raggiunge e fuma pure lui. Nessuno dei due sembra aver voglia di parlare. Poi Paolo decide di rompere il ghiaccio.
“Mamma non ti ha detto che sta finendo i soldi sul conto?”
“Non mi ha detto niente.”
“Beh, li sta finendo”.
“Mi dispiace.”
Paolo mi guarda come si guardano i sottoposti. Si è tolto il grembiulino da stupida ragazzina. Si è sporcato lo stesso la camicia.
“Non ce la fa a mantenerti, Al” mi dice.
“Aha…”
“Devi trovarti un lavoro, oppure prendi una decisione con questa cazzo di università”
“Guarda che io sto cercando lavoro…”
“Scrivere uno stupido romanzo non è cercare lavoro.”
Il suo tono aggressivo mi innervosisce. Per un istante mi viene di tirargli la sigaretta accesa in faccia.
"La scrittura è una cosa che se mai ti farà guadagnare qualcosa, ci vorrà molto tempo. A te i soldi servono adesso".
Fuori al balcone si sente il rumore della strada sotto. All’improvviso mi ricordo di quel sogno in cui mi buttavo giù. Mi si blocca il respiro alla bocca dello stomaco e mi sento le gambe molli.
“Devi trovarti un lavoro vero. Mamma ti paga la casa, non se lo può permettere… perché non torni qui con lei?”
“Ma perché non ti fai i cazzi tuoi?” gli rispondo. Devo vincere quella sensazione di vuoto che sento nelle viscere. Per un istante getto lo sguardo oltre la ringhiera. Per un istante quel pavimento fatto di macchine, laggiù, mi sembra una prospettiva allettante.
“Senti, io sono preoccupato, mamma poi è sola… forse si risolverebbero un sacco di problemi se tu…”
“Se io mi mettessi a fare il badante di mamma mentre tu continui a fare i cazzi tuoi senza sentirti responsabile di niente, giusto?”
“Eh, bravo, continua a stronzeggiare.”
“Non sto stronzeggia…”
“Sei un egoista viziato, Al. Dovresti pensare a quanti soldi hai fatto buttare a mamma e papà in tutti questi anni di fuori corso e in questo stupido vizio di voler campare da solo.”
“Paolo, ho ventisette anni, Cristo, è giusto che io viva da solo!”
“Ma non a spese di mamma!”
“Io non le ho mai chiesto niente!”
“Ah, certo, perché l’affitto puoi pagartelo da solo…”
“Se me lo lasciasse fare…”
“Se te lo lasciasse fare saresti un fottuto barbone!”
“E dimmi un po’, il tuo di lavoro invece come va?”
Lo vedo farsi ancora più rosso in faccia.
“E il matrimonio?”
“Non ti permetto…” Ecco, me la tira lui la sigaretta addosso. Non mi fa niente, ma la vedo cadere giù accesa. Mi sembra di essere quella sigaretta. Mi manca il respiro e sento che le mie gambe vogliono buttarmi fuori da quel cazzo di balcone. Ma le mie mani si afferrano alla ringhiera come se il palazzo stesse per crollare.
“Al…”
Sto tremando.
“Al… stai bene?”
Guardo la faccia d’improvviso preoccupata di Paolo. È il momento di andarmene. Riesco a staccare una mano dalla ringhiera e me la passo in faccia.
“Lasciami in pace, coglione” e torno dentro, dandogli una spallata.
Il dolce che ha portato Paolo sa di sabbia. Mamma dice che faccio un buon caffè. Lo faccio io, ma viene bruciato. Fumiamo un altra sigaretta, mentre lei ci racconta le cose che ha fatto durante la settimana. Tanto mi telefonerà stasera per la buonanotte.
Paolo va via prima di me. Quando sto per andarmene mamma mi mette cento euro in mano, con l'aria complottista di uno spacciatore.
"Non mi servono" le dico.
"Ai figli muti li capisce la mamma!" mi sorride.
"Senti, ma è vero che stai finendo i soldi?"
"Te l'ha detto tuo fratello?"
Non rispondo.
"Tuo fratello è una palla, vive tutto come se fosse una tragedia. Tu prenditi questi soldi, io la pensione la tengo e non mi preoccupo. Poi devo pure avere la pensione di tuo padre, quella che aveva già maturato..."
"Ma..."
"Zitto e prendili, okay?"
Un bacio sulla guancia. I soldi in tasca. Bruciore di stomaco. Un'altra domenica è andata.


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